Un pomeriggio di sole all’Ippodromo delle Campanelle insieme ai suoi protagonisti. Mi sono trovato in un luogo quasi storico nella zona Capannelle, sulla via Appia. Quasi storico perché questo ippodromo ha più di cento anni, anche se non si direbbe. Da più di cento anni qui si riuniscono uomini e cavalli, e con un linguaggio unico riescono a capirsi e a raggiungere una sintonia invidiabile.
La cura nella preparazione di ogni dettaglio è la stessa, per fantini e cavalli. Le divise, le selle, gli scarponi, i ferri, nulla viene lasciato al caso, per riuscire poi a creare sulla pista dell’ippodromo una sorta di volo. Perché sembra proprio che volino, cavalli e fantini, quando iniziano la loro corsa. Un volo aggraziato, in cui ogni movimento del cavallo e seguito fluidamente dal corpo del fantino, tanto che non si percepisce fatica, ma solo armonia. I muscoli tesi dell’animale si riflettono sul corpo del suo cavaliere, che con i suoi movimenti lo aiuta.
Le corse, al galoppo o al trotto, hanno avuto su di me un potere ipnotico, come di una musica che non può fermarsi e che ti trascina nel suo scorrere, fino al traguardo. E una volta finita la corsa, resta ammirazione e uno stato di magnetismo, verso quei corpi che ora, piano piano, si divideranno e torneranno ad essere due diverse entità, fino al loro prossimo volo insieme.